Dimmi che musica ami e ti dirò…
I gusti musicali non riflettono solo caratteristiche come l’età e la personalità, ma sono fortemente influenzati anche dagli stili cognitivi individuali, rivelando se una persona si confronta con il mondo e con gli altri tenendo conto dei pensieri e delle reazioni altrui oppure se è più interessata alle regole che sono alla base di un fenomeno o di un comportamento…
Le preferenze musicali non sono solo l’espressione di inclinazioni e scelte estetiche, ma riflettono, almeno in parte, gli stili cognitivi delle persone. La scoperta è di un gruppo di ricercatori del laboratorio dell’Università di Cambridge diretto da Simon Baron-Cohen, che illustrano la loro ricerca in un articolo pubblicato su “PLoS One”.
La musica è un elemento importante della nostra vita quotidiana ed è quasi onnipresente. Le ricerche sui fattori che determinano il gusto musicale personale sono però piuttosto recenti e in generale hanno concluso che le preferenza in fatto di musica riflettano caratteristiche generali come l’età e la personalità.
Prendendo spunto dalla sua passione per il sassofono, che suona a livello professionale, David Greenberg – specializzando nel laboratorio di Baron-Cohen, uno dei massimo esperti mondiali nel campo degli stili cognitivi, dell’empatia e dell’autismo – si è chiesto se ci fosse anche dell’altro.
I ricercatori hanno quindi coinvolto circa 4000 volontari che sono stati sottoposti a una serie di test per definire con accuratezza sia le loro preferenze musicali sia il loro stile cognitivo: vale a dire se nel confronto con il mondo circostante e in particolare con le altre persone investissero maggiormente sull’empatia – la capacità di riconoscere e reagire ai pensieri e ai sentimenti degli altri – o sulla “sistematizzazione”, cioè se fossero più interessati a comprendere le regole che sono alla base di un fenomeno o di un comportamento.
Dai risultati dei test è emerso che maggiore era la capacità empatica della persona più aumentava la preferenza per una musica più “morbida” (rhythm and blues, rock morbido), non particolarmente complessa (country, popolare, di cantautori) e contemporanea (elettronica, latina, acid jazz, e pop).
Approfondendo l’analisi, si è anche scoperto che gli “empatici” preferivano la musica con un minore consumo energetico (dolce, riflessiva, sensuale, con elementi “caldi”), oppure che esprime emozioni negative (toni malinconici o tristi) o profondità emotiva (poetica, rilassante, riflessiva).
Chi aveva uno stile cognitivo più orientato verso la sistematizzazione, invece, preferiva musica ad alta energia (forte, ricca di tensione), con emozioni positive (vivace o divertente), e caratterizzata da un elevato grado di complessità e cerebralità.
“Questo nuovo studio – ha commentato Baron-Cohen – è un affascinante estensione della teoria che pone le differenze psicologiche individuali sulla linea che congiunge i due poli della tendenza a empatizzare a sistematizzare. Ci voleva un dottorando di talento e abile musicista per pensare di porre questa domanda. La ricerca può aiutarci a capire meglio le persone che si trovano ai due estremi, e in particolare quelle con autismo, che sono fortissimi sistematizzatori”.
Ecco alcuni esempi di brani correlati ai due diversi stili cognitivi:
Elevata empatia
– Hallelujah – Jeff Buckley
– Come away with me – Norah Jones
– All of me – Billie Holliday
– Crazy little thing called love – Queen
Elevata sistematizzazione
– Concerto in C – Antonio Vivaldi
– Etude Opus 65 No 3 — Alexander Scriabin
– God save the Queen – The Sex Pistols
– Enter the Sandman – Metallica
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